E come per magia torna sempre l'indignazione, lo sgomento che si tramuta in rabbia che provoca promesse che tutto cambierà ma sempre nel futuro, mai nel presente che rimane una merda composta di violenza, sfruttamento e impunità.
Quando aprite un barattolo di passata di pomodoro o se avete l'anima bio e lo fate voi perché è più buona e le tradizioni vincono sull'industria, fermatevi un attimo. Fissate per pochi istanti quella lava rossa fumante che sprigiona deliziosi profumi e chiedetevi:
In quali condizioni socio-lavorative è stato raccolto tutto ciò?
La risposta la sappiamo tutti, da ormai troppo tempo, ci hanno fatto vedere le facce dei migranti sfruttati, raccontato le loro storie di miseria, le favelas in cui vivono senza acqua potabile, fogne, elettricità, abbiamo assistito ai roghi, morti per il troppo caldo e c'è stato anche chi, forse (ci sarà un processo ad accertarlo), li ha utilizzati per interessi personali.
Cosa è cambiato dopo tutta questa infamia umana? Poco o nulla, indagati perenni ma il caporalato rimane il padrone indiscusso delle campagne in cui esiste solo le legge del taglione, del più crudele che sfrutta fino alla morte chi ha la disperazione come unica compagna di vita.
Satnam Singh è l'ultimo nome della lista infinita di morti sul lavoro ma che diventa un simbolo solamente per la sua fine cruenta. Ci si concentra sui macabri dettagli e non sul sistema che lo stava sfruttando.
La stessa sorte era toccata anche a Luana D'Orazio.
Non pensiate che siano solo i migranti in campagna a morire come mosche, ci sono le centinaia di operai di tutti i settori dell'industria che ogni giorno fanno una fugace apparizione nel rullo delle notizie dell'ultima ora.
Ci siamo già dimenticati della strage della centrale idroelettrica di Suviana, dei cinque operai di Casteldaccia e per pochi giorni ci ricorderemo dell'ultima tragedia a Bolzano.
Uomini che sfruttano altri uomini indiscriminatamente senza nessuno scrupolo, in comunità sorte su caste manichee: o sei uno sfruttato o uno sfruttatore.
Ma ci sono anche altri uomini (o forse sono sempre gli stessi con diversi interessi economici) che sfruttano gli animali, ne abusano quotidianamente, li trattano come merce da produrre nel più alto numero possibile, senza badare alla qualità.
Li chiamano allevamenti intensivi e sono quanto più vicino ai lager nazisti.
Ogni volta che guardiamo un documentario che ci vuole far aprire gli occhi su come vengono trattati gli animali che mangiamo, d'istinto gli occhi li chiudiamo.
L'ultimo esempio è Food for Profit di Giulia Innocenzi e Pablo d’Ambrosi. Ma potete vedere anche come vengono "trattati" i pesci in Until the end of the world di Francesco De Augustinis.
Siamo quello che mangiamo. Una verità troppo scomoda da accettare.
Quello che prendiamo dal piatto cessa di avere una storia quando lo mettiamo in bocca. L'importante che sia buono, sul sano basta che sia scritto sull'etichetta e se è sostenibile abbiamo abdicato all’idea da tempo.
Ogni morte sull’altare della produzione di beni che utilizziamo quotidianamente mette in discussione chi siamo, che società abbiamo costruito e ci costringe a fare i conti con tutte le mastodontiche ingiustizie che essa produce.
Cambiare ci costa fatica, alla rinuncia e al ripensamento di comportamenti che davamo per naturali ma che naturali non sono.
E allora perché continuare a indignarci, a fare le solite stanche manifestazioni di piazza, a mettere su in fretta e furia dibattiti colmi zeppi di retorica e buoni sentimenti?
Siamo diventati dei Mangiamorte a cui interessa avere la pancia piena non importa a quali costi sociali.
Guardiamo solo il prezzo, che sia il più vantaggioso possibile, aspettiamo l'offerta mirabolante per sentirci importanti ma non abbiamo ancora capito che il vero prezzo delle nostre scelte arriverà molto presto.
IN BREVE 💥
Erba Alta. La vicenda di Wolf Ruck in causa contro lo stato dell’Ontario è molto interessante. Ruck ha lasciato che il giardino di sua proprietà crescesse in modo naturale e a qualche vicino delatore anonimo ha dato fastidio. Tutte le piante che sono cresciute sono autoctone ma questo non è bastato. Un solerte quanto impacciato ispettore è entrato nel suo giardino con un mandato per tagliare le erbacce, qualunque sia la loro definizione. Chissà come andrà a finire, per simpatia faccio il tifo per Wolf.
Il mostro. Nel borgo di Cassol sono tutti incazzati per il mostro, l’antenna 5G che dovrebbe sorgere ai confini del borgo ma adiacenti alla valle del Mis, facente parte del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, area protetta di enorme valore ambientale. Trenta metri di acciaio, timori per la salute dei residenti e anche le aziende locali non sembrano essere tanto felici. Solo dopo aver raccolto oltre trecento firme di protesta, le autorità hanno iniziato a dialogare con i cittadini ma quasi a giochi fatti. La politica sempre più nemica dei territori.
Violenza. La vicenda del parco don bosco di Bologna ha preso una bruttissima piega dopo che la polizia ha usato la forza per consentire l’abbattimento degli alberi. Se non sapete di cosa sto parlando, basta leggere il caso delle scuole besta per inquadrare la situazione. Anche qui si preferisce distruggere, abbattere, rifare perché è più profittevole (per i soliti noti) che conservare e ristrutturare. I danni ambientali non sono contemplati nelle scelte comunali e quando entrano nel dibattito pubblico si dicono un sacco di bugie.
COSE BELLE DA LEGGERE, VEDERE, ASCOLTARE 💚
The Food Programme - il cibo a 360 gradi (BBC)
Sporkful - il cibo come pretesto per parlare di altro (Podcast)
Svedese che cucina (bene) per passione ma dal linguaggio molto volgare (Food Emperor)
COSE BELLE PER CUI COMBATTERE 🦾
Salviamo Officina Pasolini (firma qui)
In difesa del parco Don Bosco (bologna today)
Libertà per Nicoletta Dosio (firma qui)
Siamo arrivati alla fine, spero di avervi fatto ragionare sul cibo🥫 e di come lo si produce. In ogni caso ci risentiamo lunedì prossimo per nuove idee e spunti di riflessione, buona settimana!