Io non voto
Manifesto logico sul perché non andare a votare il 25 settembre sia rimasta l’unica forma di resistenza sociale che ci sia rimasta.

Ti sei appena alzato dal letto, il volto talmente assonnato che anche se lo prendessi a schiaffi per rianimarlo sarebbe inutile. Ti guardi tristemente davanti allo specchio, gli anni al mattino sembrano secoli e la voglia di fare qualcosa ha messo la segreteria telefonica.
Un unico e maestoso sbadiglio rompe l’apatia del bagno e per qualche recondito collegamento neurale pensi: “domenica prossima bisogna andare a votare”.
La notifica mentale è un segnale certamente positivo visto che il tuo subconscio ti sta ricordando un dovere civico, un diritto che ogni cittadino dovrebbe esercitare in democrazia.
Il problema è la seconda notifica mentale, subdola, immediata e spiazzante: “ok, ma chi cazzo votare?”.
Milioni di subconsci italiani si saranno fatti questa domanda decine di volte ricevendo sempre la stessa criptica risposta: “boooooh”.
Se anche tu lettore di Opossum sei in questa impasse elettorale, mi permetto di suggerirti la risposta più semplice e naturale: non andare a votare. Ammetto che a una prima lettura può sembrare una decisione stupida, superficiale, del solito menefreghista che butta tutto sul qualunquismo spicciolo. Io ci sono arrivato nel tempo, da cittadino che ha sempre votato tutto, in qualsiasi periodo dell’anno incurante del meteo. Ho detto semplicemente basta applicando la logica e facendo un’analisi realistica dei risultati ottenuti con gli ultimi venticinque anni di elezioni.
Per cercare di schiarire le idee a tutti quegli “indecisi”, che non sanno “chi votare” e se nemmeno “andranno a votare” mi sono permesso di scrivere un “Manifesto del non voto” per spiegare in modo semplice e diretto perché è l’unica scelta sensata per iniziare a prendere atto che l’attuale sistema politico italiano non è riformabile attraverso il voto.
1) Non siamo in Democrazia
La democrazia è una forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all’esercizio del potere pubblico. Se il diritto di voto è rimasto intatto la partecipazione egualitaria dei cittadini è venuta meno. Come? I Partiti hanno semplicemente capito che, governare a proprio vantaggio, il sistema elettorale ha un duplice beneficio: mantenere stabilmente la propria presenza in parlamento e inaridire le fonti di protesta sociale mediante il voto (impedire o rallentare la nascita di nuovi partiti). Scrive Luciano Canfora in La democrazia, p. 331: l’attuale sistema è dominato da “un’oligarchia dinamica incentrata sulle grandi ricchezze ma capace di costruire il consenso e farsi legittimare elettoralmente tenendo sotto controllo i meccanismi elettorali”. Come dargli torto?
2) Legge Elettorale
Dal 1946 al 1993 nell’Italia post fascista si è votato con una legge elettorale proporzionale che aveva il grande vantaggio di rappresentare accuratamente in parlamento tutti gli strati sociali ma imponeva governi di coalizione molto allargati e di breve durata. Per cinquant’anni nessuno si è mai sognato di cambiare tale legge. Poi arrivò, sull’ondata di rinnovamento innescata dall’inchiesta Tangentopoli e del Movimento per la Riforma Elettorale di Mario Segni un impulso per abbandonare il proporzionale per il maggioritario. La classe politica italiana iniziò a modificare la legge elettorale in modo ibrido (cercando di unire i meccanismi elettorali antitetici di proporzionale e maggioritario): Legge Mattarella (detta Minotauro) (1993), legge Calderoli (detta Porcellum) (2005), Italicum (2015), Legge Rosato (detta Rosatellum) (2017). Sia il Porcellum che l’Italicum sono stati dichiarati dalla Corte Costituzionale in parte incostituzionali. Peccato che con il primo abbiamo votato e legittimato tre legislature (dal 2006 al 2013) senza che nessuno protestasse per lo scempio democratico fatto. Nelle ultime otto elezioni abbiamo votato con tre sistemi elettorali differenti.
3) Votare a scatola chiusa
Dopo i consueti mirabolanti annunci nell’ultima legislatura di trovare una legge elettorale condivisa (e aggiungo io, definitiva) alle prossime elezioni si voterà ancora con il Rosatellum un sistema ibrido molto complicato in cui vengono forzati, soprattutto i piccoli partiti, a formare cartelli elettorali disomogenei con l’unico scopo di entrare in parlamento. Inoltre ogni cittadino continuerà a non poter esprimere una propria preferenza su nessun candidato in quanto il proprio voto può essere dato solo al partito scelto. Sono, ancora una volta, le segreterie di partito a decidere chi siederà a Camera e Senato con un certo grado di sicurezza. Ma se è quasi tutto deciso prima del voto, che valore ha il voto del singolo cittadino?
4) Il voto non è uguale per tutti
Oltre ai problemi di “legittimazione” del voto dei cittadini che il Rosatellum amplifica, non tutti gli italiani avranno le stesse possibilità di voto. Per quelli residenti all’estero (sia definitivamente che temporaneamente) per votare bisognava, entro il 24 agosto, inviare un modulo per certificare la propria residenza oltre i confini nazionali. Mentre per chi vive fuori sede non sarà possibile votare in un comune diverso da quello di residenza. E’ mancata ancora una volta la volontà politica di approvare una legge che tolga questo evidente ostacolo democratico. Per non farci mancare nulla nel rendere ancora più democraticamente opaco il processo di voto rimane ancora in vigore il voto degli italiani all’estero che presenta molteplici problemi ma a cui nessuna forza politica sembra interessare.
5) Governabilità batte Rappresentatività
Dopo Tangentopoli si è convinto gli italiani che avere un parlamento composto da molti partiti ma che rappresentassero in modo accurato la situazione sociale del Paese fosse un male. Bisognava virare verso la governabilità che implica una riduzione drastica del numero di partiti e i cui governi durino sempre cinque anni. Questo cambio di paradigma ha comportato la nascita, sempre più frequente, di “governi tecnici” o di “unità nazionale” composti da Presidenti del Consiglio e Ministri non eletti e in cui quasi tutti i partiti presenti in parlamento li hanno sostenuti. Ma se i governi devono durare tutta la legislatura, il ricorso alle urne diventa sempre meno urgente anche quando non c’è più un consenso politico. Puntare tutto sulla governabilità allontana il corpo elettorale alla partecipazione pubblica in quanto ci saranno sempre meno partiti che possano rappresentare il proprio modo di vedere il mondo. Un parlamento che rappresenta solo le classi più ricche è il preludio a un “Oligarchia di fatto” con il voto che ha l’unico scopo di ratificarla.
6) Basta nuovi partiti, grazie
A mio avviso non è stato dato il giusto risalto allo scempio della raccolta delle firme per i piccoli partiti per presentarsi alle elezioni. E’ una regola anti-democratica che stabilisce il concetto che chi non è in parlamento non ha diritto di partecipare al dibattito politico. Come possiamo dire che le prossime elezioni siano veramente aperte a tutti se per presentare il proprio simbolo bisogno raccogliere e certificare decine di migliaia di firme in nemmeno un mese di tempo e per di più ad agosto?
7) Tutti governano con tutti
Nell’ultima legislatura abbiamo avuto ben tre governi diversi con tre Presidenti del Consiglio che non si erano nemmeno presentati alle elezioni. Basterebbe questo per affermare che il partito che ogni cittadino sceglie nella cabina elettorale è ininfluente. In parlamento si formeranno sempre nuove maggioranza con l’unico scopo di perpetrare la governabilità a scapito del consenso elettorale. Il voto serve solo ogni cinque anni. I partiti fanno quindi finta di contrapporsi solo in campagna elettorale per poi tornare a più miti consigli di responsabilità durante la legislatura.
8) Politica prende ordini dalla finanza (per ora)
Con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, l’intera classe politica si è consegnata alle donazioni private con l’inevitabile conseguenza che ogni leader politico deve rendere conto ai suoi grandi sostenitori (finanza e imprenditoria). Anche per questo motivo nessuna forza politica potrà agire liberamente seguendo i propri valori e proporre riforme che possano migliorare le condizioni economiche e sociali delle classi meno abbienti. La finanza ha trasformato la politica nel suo strumento legislativo. Ma tutto questo è solo un passaggio intermedio, presto i grandi giganti tecnologici diventeranno i padroni indiscussi del mondo che sarà governato dalla tecnica a cui la politica dovrà fare da maggiordomo.
9) Informazione megafono del potere
I maggiori canali d'informazione italiani sono in mano a imprenditori che controllano quindi cosa si scrive e quali notizie devono essere date e in quale forma e contenuto. Ricordo che il maggior network televisivo italiano è ancora di proprietà di un buffo cavaliere ottuagenario che continuerà a esercitare il suo influsso anche nel prossimo parlamento. Il giornalismo d’inchiesta è quasi del tutto sparito lasciando il posto a quello d’intrattenimento che ti analizza il gossip lasciandoti all’oscuro dei reali problemi del Paese. Questa informazione da solo spazio ai partiti che stanno in parlamento, tutto il resto non esiste, non è degno di essere menzionato perché lo status quo deve rimanere intatto. Ma in democrazia l’informazione non dovrebbe essere il “cane da guardia” della politica?
10) Diritti sulla carta e riforme assenti
I diritti sociali si stanno inesorabilmente assottigliano. Quelli acquisti dopo decenni di battaglie politiche non vengono più messi in discussione ma non più fatti rispettare. Un esempio su tutti è l’aborto: la legge 194 non viene più messa in discussione ma sta diventando sempre più difficile (in alcune regioni è impossibile) poterlo praticare per via dell’obiezione di coscienza dilagante tra i medici. Se i “vecchi” diritti sono diventati carta straccia quelli “nuovi” vengono “uccisi nella culla” dalla politica vuoi se si tratta del DDL Zan o per l’eutanasia per via referendaria. Questa classe politica non vuole pensare a riforme che migliorino le vite delle persone in quanto è troppo occupata a gestire e spartirsi il potere. Se nessuna forza politica vuole rappresentare le istanze sociali richieste a gran voce da parte della società civile perché scegliere il “meno peggio” sapendo già in partenza che nulla cambierà veramente?
Ho cercato di spiegare che l’attuale situazione politica italiana non merita il voto degli italiani. Ci vuole una presa di coscienza che le prossime porcate legislative del “nuovo” governo non potranno essere certificate con il “bollino democratico” del voto dei tanti cittadini che si chiameranno fuori da questa “fake democracy”. So che è un pensiero forte e come tale è divisivo, ma ci sono arrivato dopo tantissime battaglie sociali e le immancabili delusioni di un sistema che, a mio avviso, non è riformabile dall’interno.
Non andare a votare non basta ovviamente, bisogna tornare a vedere nell’associazionismo come l’unica vera forma politica che possa incidire nelle vite dei cittadini. Solo lavorando nel sociale, possiamo capire quali siano i veri problemi da affrontare, capire che sono complicati e che le soluzioni non sono dietro uno schiocco di dita. Associarsi significa anche conoscere nuove persone, parlare con esse, confrontarsi e persino scontrarsi ma sempre guardandosi negli occhi.
Ecco, mettiamo giù la matita elettorale e usciamo nella società per capire quale contributo possiamo dare, donando il nostro tempo, le nostre energie verso cause a cui nessun politico avrà mai voglia di affrontare.
E se non sono riuscito a convincervi almeno votate secondo coscienza, guardando i programmi elettorali, leggendo le liste dei candidati non “votando il più utile” perchè una classe politica di pagliacci è sostenuta da un elettorato di giullari e sono sicuro che voi, cari lettori, non ne fate parte.
Le masse sfruttate devono restare nella convinzione, cioè nell’illusione, che sono esse a determinare il
loro destino, semplicemente utilizzando bene la loro scheda elettorale; è insomma colpa loro, se in seguito non sono contente del risultato (A. Pannekoek, 1947)
Niente di nuovo sotto al sole però se non vota, chi vota sceglie per lei. Prospettive